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EFFETTI DEL CALORE
Il calore, quando viene applicato su estese superfici e per un periodo di tempo sufficientemente lungo, esplica effetti biologici molto importanti sia localmente che sull'intero organismo a causa delle modificazioni indotte dai fattori che sovrintendono alla termoregolazione. La temperatura corporea, che deve essere necessariamente stabile per le caratteristiche biologiche delle funzioni vitali, è sotto il controllo dell'ipotalamo il quale viene informato di ogni variazione mediante recettori propri o ricettori cutanei; anche le ghiandole endocrine partecipano alla fine regolazione della temperatura corporea: di esse, la corteccia surrenale è quella che interviene nel caso di esposizione al caldo, mentre la midollare del surrene e la tiroide sono stimolate nel caso di esposizione al freddo. In condizioni normali il calore viene prodotto dalle attività metaboliche dell'organismo; in alcuni organi, quali il cuore ed il fegato, tale produzione è costante, mentre è molto variabile nei muscoli scheletrici, che durante la loro attività aumentano sensibilmente la loro termogenesi. Lo sforzo fisico, pertanto, risulta essere la condizione nella quale maggiormente si produce calore. Il brivido, che consiste in una diffusa e prolungata contrazione muscolare con conseguente sviluppo di calore, è, quindi, un meccanismo di difesa e si determina per far fronte a richieste improvvise dovute allo stabilirsi di un gradiente termico tra l'organismo e l'ambiente esterno più freddo. Ma ogni eccesso di calore non è tollerato, sicché esso deve smaltito in modo che non si verifichi un aumento della temperatura interna. I mezzi utilizzati a tal fine sono l'irradiazione, la conduzione, la convezione e la evaporazione; processi, questi, che avvengono a livello della cute e delle mucose delle vie respiratorie. La irradiazione è il passaggio di calore da un oggetto più caldo ad uno più freddo posto a distanza; la conduzione è lo stesso passaggio, ma tra due corpi posti a stretto contatto; la convezione consiste, invece, nel trasferimento di calore a mezzo di fluidi, mentre l'evaporazione è un cambiamento di stato che avviene con assorbimento di calore. La evaporazione dell'acqua può avvenire attraverso le mucose delle vie respiratorie oppure dalla cute come perspiratio insensibilis e sudorazione. L'aria respirata è ricca di vapore acqueo che deriva dalla evaporazione dell'acqua dalle mucose delle vie respiratorie; questo processo è favorito dalla scarsa umidità e dalla bassa temperatura dell'aria inspirata. La perspiratio insensibilis avviene per diffusione dell'acqua attraverso la cute in tutte le sue parti e non attraverso le ghiandole sudoripare; è costante nel corso della giornata ed è indipendente dalle condizioni ambientali. La sudorazione, invece, avviene grazie all'attività di due tipi di ghiandole: - le eccrine, ampiamente distribuite sulla superficie corporea, specialmente sul palmo della mano e sulla pianta dei piedi, secernono una soluzione diluita contenente cloruro di sodio, urea e acido lattico e sono innervate da fibre simpatiche colinergiche; - le apocrine, presenti nei follicoli piliferi specie del cavo ascellare, producono anch'esse sudore con le stesse caratteristiche fisico-chimiche. Esse non sono innervate, ma vengono stimolate dall'adrenalina. L'aumento della temperatura esterna, stati emotivi, l'attività fisica e vari stati patologici sono condizioni nelle quali si produce la sudorazione che viene favorita, oltre che da un aumento del flusso sanguigno superficiale, anche da un elevato gradiente termico tra calore ambientale, da una scarsa percentuale di umidità nell'aria esterna e da una buona ventilazione. Quando la sudorazione si accompagna alla evaporazione comporta una perdita di 580 Kcal per ogni litro di liquido allontanato dalla cute. La sudorazione, ci riferiamo a quella secondaria all'aumento della temperatura esterna, comincia dopo un periodo di latenza variabile e comunque solo quando la rettale e la cutanea salgono a un livello tale da influenzare rispettivamente i ricettori ipotalamici e cutanei, aumenta progressivamente e continua anche quando la temperatura ambientale si abbassa. Nel caso della termoterapia esogena generale, l'organismo, per mantenere costante la temperatura interna, è posto di fronte alla necessità di eliminare il calore somministrato ed anche quello prodotto dai processi metabolici che sono esaltati; esso, pertanto, mette in funzione tutti i meccanismi termoregolatori che tendono ad aumentare la dispersione (vasodilatazione cutanea, sudorazione, ventilazione polmonare) ed a ridurne la produzione (ridotta attività metabolica, diminuita increzione di T.S.H.). La vasodilatazione periferica, cutanea e sottocutanea, può essere prodotta dall'azione diretta sui vasi o anche da stimoli provenienti dal centro ed agenti mediante una trasmissione colinergica attiva; l'afflusso di sangue ai distretti periferici, che è finalizzato al trasferimento di calore dall'interno verso la superficie, ove è più facile la sua dispersione mediante la irradiazione, la convezione e la conduzione, agisce, in questo caso, in senso contrario, poiché il calore viene condotto dalla superficie in profondità. Questa situazione crea, naturalmente, ripercussioni sul circolo sanguigno nel senso che la distensione del letto vascolare, l'apertura di shunts artero-venosi e la diminuzione delle resistenze periferiche riducono la pressione arteriosa, la qualcosa stimola risposte compensatorie che si realizzano in un aumento della gittata sistolica e della frequenza, richiamo del sangue dai visceri profondi, specialmente quello splanenico, aumento della velocità di circolo. La sudorazione rappresenta l'unico mezzo di dispersione del calore allorquando la temperatura ambientale è superiore a quella corporea; essa diviene particolarmente elevata in tutti i casi nei quali la somministrazione del calore avviene per esposizione in ambienti favorevoli per umidità e ventilazione. Infatti, in ambienti scarsamente ventilati o con percentuale di umidità elevata, la sudorazione e scarsa se non assente e di conseguenza risulta difficile la dispersione del calore per questa via. La ventilazione polmonare permette la dispersione del calore per evaporazione attraverso l'albero respiratorio; essa, comunque non può andare oltre un certo limite, poiché necessita, quale processo attivo, del lavoro muscolare, che viene compiuto con produzione di altro calore ed a spese dei muscoli già di per sé molto impegnati. La conseguenza della entrata in funzione dei suddetti meccanismi si ripercuote su tutto l'organismo, ma in modo particolare sull'apparato cardio-circolatorio, come abbiamo visto, e sul bilancio idro-elettrolitico. La deplezione idro-elettrolitica conseguente alla sudorazione e alla iperventilazione, riduce la massa circolante, provocando una emoconcentrazione ed un aumento della viscosità. A livello renale si ha una riduzione della portata plasmatica e del filtrato glomerulare, con risparmio di acqua ed elettroliti; i liquidi extracellulari ed il sangue vengono integrati anche dal richiamo di liquidi intracellulari. Con questi meccanismi è possibile far fronte a perdite di acqua non superiore all'8%; oltre questo limite è necessario integrarla con somministrazioni esterne, avendo cura di associare piccole quantità di sali, poiché la sola acqua potrebbe provocare una iperidratazione cellulare con un deficit relativo di sodio e cloro ancor più marcato, mentre una eccessiva somministrazione di sali ostacola la termoregolazione con sovraccarico della funzione renale. La variazione della pressione osmotica e del volume del liquido extracellulare stimola meccanismi mediati dall'asse diencefalo-ipofiso-surrenalico, tendenti al ripristino dell'equilibrio idro-elettrolitico. Si verifica, infatti, una reazione di stress aspecifica da parte della corteccia surrenale: viene ridotta la funzione tiroidea e con essa la termogenesi, viene incrementato sia il livello di aldosterone che limita la perdita urinaria e sudorale di sodio, sia quella dell'A.D.H. (adiuretina), che provoca un riassorbimento di acqua dal tubulo distale. Accanto a questi effetti legati al mantenimento della giusta temperatura corporea il calore esplica anche altri effetti generali, per i quali esso viene sfruttato in senso terapeutico. A livello del sistema nervoso centrale esso ha azione sedativa, se applicato per un tempo sufficientemente lungo e per un'ampia estensione; inizialmente, infatti, esplica azione eccitante sulle attività cerebrali. Sui muscoli il calore ha potere decontratturante, riduce il tono e la eccitabilità, ma accelera il metabolismo: tali effetti sono legati oltre che alla mutata situazione circolatoria anche alle modificazioni dell'equilibrio elettrolitico. La resistenza alla fatica risulta inversamente proporzionale alla estensione ed alla durata dell'applicazione. I due effetti sopra menzionati concorrono a determinare una delle azioni più importanti richieste alla termoterapia: l'effetto analgesico. Esso sembra determinato oltre che da un generale sedazione del tono nervoso e dal rilasciamento muscolare anche dalla ridotta eccitabilità dei recettori periferici del dolore e dal migliorato trofismo a carico dei tessuti sede di processi patologici dai quali partono stimoli dolorifici. Il ricambio in generale viene accellerato con aumento del metabolismo cellulare: maggior consumo di energia, eliminazione di grandi quantità di acqua ed in misura consistente anche di acido urico e sali minerali; lo stimolo, dato dall'aumento del circolo generale agisce, infatti, prima che i meccanismi della termoregolazione abbiano imposto una riduzione globale della termogenesi, e quindi una ridotta attività metabolica, che in ogni caso è minima rispetto a quella dei muscoli scheletrici, che nell'occasione risultano a riposo
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